I Servan sono delle creature boschive reincarnatesi nel corpo di esseri umani. Arrivano da Trento, cittadina dall’aura magica e mistica, e propongono un mix esplosivo di metal e folk, suonato con strumenti anche non canonici. Hanno all’attivo un solo album inciso nel 2022, ma se le premesse sono queste il minimo che si può fare è supporto totale! Andiamo a sentir insieme cosa fanno: Press Play on Tape!
SERVAN, I FOLLETTI DAL TRENTINO
I Servan si sono formati nel 2017 a Trento. Il genere musicale da loro proposto era piuttosto in auge a metà anni 2000, per poi venire risucchiato nel maelstrom della confusione della musica “plastica” di oggi, molto usa e getta (purtroppo anche nel nostro genere). Ma qui cè passione, non si guarda alle mode. Si apprende dalla loro bio che “Sono profondamente influenzati da band come Finntroll, Eluveitie, Equilibrium, ma anche Avatar, Children of Bodom, Fleshgod Apocalypse, Kataklysm ed Ex Deo”.
L’album è stato registrato e mixato da Riccardo Coraiola degli “Artifact Studio” e masterizzato da Manuele Pesaresi nei “Dyne Engine Studios”. In questo album si possono contare delle collaborazioni di assoluto livello. Vediamo infatti la presenza di HeadMatt, degli Elvenking, per alcuni assoli di chitarra e di Catia Borgogno, degli Alight, per alcune parti folk strumentali e di voce.
CHI E’ UN SERVAN?
E’ doveroso, prima di iniziare il nostro ascolto, spiegare brevemente la figura del Servan. Esso è la versione Nord-Italiana del Changeling, creatura fantastica tipica del folklore europeo. Egli era un sostituto lasciato da un essere soprannaturale quando rapiva un essere umano. In Scandinavia, si credeva che i troll considerassero più rispettabile essere cresciuti dagli umani e di conseguenza avrebbero colto l’opportunità di dare ai loro figli un’educazione umana.
Il sostituto si può riconoscere perché è estremamente intelligente, molto più di un bambino umano normale, ma impacciato nei movimenti e con un comportamento molto diverso da quello umano. Questo ha portato i medici ad ipotizzare che i racconti sui changeling siano stati sviluppati nel tentativo di spiegare i bambini deformi, con disabilità dello sviluppo o neurodivergenti. In particolare, è stato suggerito che i bambini autistici verrebbero probabilmente etichettati come changeling o “bambini elfi” a causa del loro comportamento strano, a volte inspiegabile.
SERVAN: TALES OF THE FOREST
“The Path” è una intro molto evocativa, quasi voglia davvero indicarci la strada, il sentiero da seguire. Una strada che si addentra in un bosco, dal quale si sente il sinistro rumore di rami spezzarsi, lo scorrere delle acque di un ruscello. Dove siamo capitati? Siamo nella “Tiki Land”, un posto incantato dove ci si perde facilmente e si diviene una creatura fatata. La canzone è veloce ma infarcita di cambi di tempo. La voce in screaming è squisita, sembra quasi che un folletto maligno canti saltellando qua e la. La scorribanda finisce in un flauto dolce, che ci porta in ” The Forest”, dove si aspetta la fine, senza cibo ne acqua. Non si riesce a dormire, la paura è tutt’intorno. Il pezzo si sviluppa su una base folk davvero valida, dove il metal fa quello che vuole, passando da ritmiche thrash a melodie nordiche.
“The Goblins” si sposta su territori più Finntroll style, facendo sentire l’ascoltatore accerchiato da creature bizzare, saltanti e scherzanti. Un pezzoi davvero bello, che a metà stacca per poi tornare su questo up tempo che non ci permette di stare fermi. In alcuni tratti più epici la band ricorda i Borknagar del periodo “Quintessence”. La festa prosegue con “Ode agli Elementi”, con i suoi flauti scanzonati e il suo cantato in italiano, dove la serietà delle parole fa da contraltare alle melodie più frivole.
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IL CAPOLAVORO DIALETTALE
Ma questa avventura non si ferma mai, addentrati così in profondità in questa foresta. Sembra di essere intorno al fuoco e quando ormai i bicchieri sono stati bevuti in abbondanza ecco arrivare “Lovegati”, canzone cantata in dialetto. Il sottoscritto è per metà Veneto e non vi nascondo l’emozione e il cuore in gola a sentire frasi come “I ga do oci che par fanai”. Voglio danzare con loro, voglio alzare calici finchè le braccia me lo permetteranno: arrivano i lovegati… Scappate!
Il folk metal non da tregua, e il mood continua con la seguente “Conjurers”, che ci stupisce dopo un minuto e mezzo per il tappeto sonoro sostenuto dalla doppia cassa. Il tempo rallenta, tutto diventa serio, epico. “Can you keep a secret? Me too”.
I bicchieri sono stati tanti per tutti, e potete immaginare cosa puo combinare un “Drunk Troll”, quando si stufa di rapire bambini ma vuole solo da bere. La gente è all’erta, paurosa e intimorita che il Troll possa rimpiazzare i loro figli con un Servan, ma non hanno badato ad una cosa: you should hide your vino!
SERVAN, LA FINE DELLA FIABA
“The Last Battle” apre in maniera più canonica, quasi seria. Bello il riffone, e il cambio di tempo di stampo 100% swedish. I Flauti ci ricordano che siamo sempre in questo mondo magico, abitato da goblin e troll. Ma ancor di più ci pensa “Jotun” a riportarci in modalità danze e saltelli in cicrolo, sempre tenendo un riffing possente e quadrato. La voce pulita è una ciliegina squisita sulla torta di un album davvero emozionante.
“Claws Of Power” per un attimo mi ha fatto pensare ad una ballad, ma l’urlo sgraziato e la batteria a mille mi hanno subito fatto capire che non si scherza. Anche qui la parte più puramente metal domina sulla compontente folk, regalandoci una canzone rocciosa, ma forse troppo seriosa nel constesto generale. “To The Unknown” ci porta per mano alla fine di questo viaggio. Un tuono in lontananza pare destarci, riportandoci nella nostra a volte triste dimensioone. Come dolce sorpresa finale la versione acustica di “Ode agli Elementi”, sognante come solo un bardo cantastorie può fare.
RIFLESSIONI DI MIC DJ
Era davvero da tanto che non mi capitava tra le mani un album di Folk metal. Averne di nuovo uno, soprattutto di questo livello qualitativo, è decisamente bello. Me lo sono davvero gustato, un po come un Troll che nell’oscurità affonda i denti nella morbida carne di un uomo. Questo Play on Tape mi è piaciuto dal primo istante, mi ha riportato indietro in anni in cui il Folk Metal nordico era una costante nelle mie orecchie. E mi lascia con una certezza: Arrivano i lovegati, scappate! Risa e urla, tornate! La notte è accesa dalle torce, il rifiuto al sonno vi ritorce!
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