I Crown Lands sono una band Canadese decisamente sconosciuta alle nostre latitudini. Il genere che propongono è un prog “old school” di assoluto livello, genere molto amato dal nostro recensore d’assalto Mr.Fulvio, il quale si è gettato nella mischia senza pensarci due volte. Andiamo a sentire cosa ci propongono questi Crown Lands: press play on tape!
CROWN LANDS, L’ANTEFATTO
Non so da dove iniziare. La mia passione sfegatata per i Rush e la criminale indifferenza che viene da sempre riservata a questa immensa band alle nostre latitudini mi bloccano nel mettere in fila con il giusto ordine le cose da dire. Meglio iniziare a spiegare: abbiamo una nuova e talentuosa band (in realtà un duo) canadese (of course, una garanzia!). Con il secondo lavoro, uscito a marzo di quest’anno, è in grado di risvegliare i sensi di ogni fan dei Rush che si rispetti (‘70s & early ‘80s era).
Ovviamente, cosa che non mi stupisce ma mi disturba, sono assolutamente “non pervenuti” al di qua dell’oceano: scarsissime info e distribuzione del disco inesistente. La mia scoperta nei loro confronti è stata del tutto casuale, ovvero dalle classiche proposte dell’ “AI” di Spotify e/o Youtube. Ora, se la qualità messa in campo è di questo livello trovo opportuno, da fan del genere, spendere due parole in merito: un piccolo e meritato contributo alla divulgazione di un lavoro che non è corretto passi così sottotraccia.
CROWN LANDS, LA BAND
Si tratta, come detto, di un duo proveniente dal Canada e composto dal vocalist/drummer Cody Bowles e dal bassista/chitarrista/tastierista Kevin Comeau. Hanno scelto il nome Crown Lands perché è la definizione storicamente usata nel loro paese per identificare le terre rubate dalla colonizzazione. Attraverso la loro musica vogliono aumentare la consapevolezza degli effetti a lungo termine di questa colonizzazione e dare voce alla loro comunità di popolazioni indigene.
Sono attivi dal 2015, hanno prodotto una serie di EP ed il primo omonimo album è del 2020 con sonorità maggiormente rivolte all’hard blues rispetto al nuovo e molto prog-related “Fearless”, uscito a marzo 2023. Giusto per dovere di cronaca hanno aperto per i Greta Van Fleet nel loro tour del 2022 (anche se sarebbe stato più giusto fosse accaduto il contrario – Nota di Mic DJ).
CROWN LANDS – FEARLESS
Il disco si presenta bene già dalla copertina, che invita ad esplorarne il contenuto con il suo mix di riferimenti fantasy, storici e di Science fiction. Il lavoro parte subito in modo ambizioso, con una suite di 18 minuti divisa in nove parti: “Starlifter: Fearless Part II”. Immediatamente ci troviamo catapultati nei ‘70s, sforzandoci di capire se stiamo ascoltando un pezzo da “2112” piuttosto che da “Hemispheres”. In questo pezzo c’è tutto: suoni vintage, effetti moderni, energia e melodia sapientemente mixati. La voce viaggia sugli alti registri, che paga il debito al maestro Geddy Lee. E’ il primo di nove brani e siamo già decisamente appagati.
Nei seguenti 3 brani si cambia leggermente registro con durate più ridotte e più concessione alla melodia. “Dreamers of the dawn” è comunque “Rush a manetta” ma è breve, incisiva ed accattivante, con il ritornello che ti si ficca prepotentemente in testa. “In the shadows” è melodica e catchy, potrebbe addirittura ricordare alcune power ballad dei Foreigner. “Right way back” ha un ritmo incalzante, synth ed assonanze con i Rush anni ’80 anche se, soprattutto vocalmente, siamo su altri territori.
UN ASCOLTO CHE SCORRE EMOZIONANTE
Il quinto brano, “Context: Fearless Pt. I”, non è inedito e risale ad alcuni anni fa. Anche qui marcatissime influenze Rush, dei quali viene subito in mente “Red Barchetta”. La successiva “Reflections” parte alla “Xanadu” (mancava una citazione a “A Farewell to kings”) ed evolve in un intreccio di melodie in perfetto Rush ‘80s style. A seguire “Penny”, splendido strumentale per chitarra acustica.
“Fearless” giunge a conclusione con due canzoni: “Lady Of The Lake” e “Citadel”. La prima è uno splendido mid-tempo che sembra provenire direttamente dalla premiata ditta Page/Plant, con il chitarrista Kevin Comeau che fonde alla perfezione distorsioni e chitarre acustiche amalgamandosi con la voce acuta di Cody Bowles.
“Citadel” è una ballad malinconica che si sviluppa da un pianoforte solista per sfociare in un imponente sinfonia di suoni. La produzione è stata affidata a David Bottrill le cui referenze (Muse, Tool, Mastodon, Rush) parlano da sole.
LE CONCLUSIONI DI MR.FULVIO
La prima domanda che mi sono posto, dopo l’ascolto, è stata: c’è bisogno di una band “Rush 2.0” considerato che esistono gli originali?
La mia risposta è stata “Perché no?”. In fondo l’ultimo lavoro dei Rush, che rimarrà purtroppo tale, è del 2012, ed i Crown Lands hanno fatto un lavoro gradevole, di qualità e ben prodotto che include influenze anche diverse (su tutte i Led Zeppelin) e ben miscelate.
Pertanto ascolto super consigliato a tutti, Rush-addicted e non, ricordando il motto:“Raise your hands if you love Rush, Raise your standards if you don’t”.
Un grazie di cuore al nostro recensore e cronista d’assalto Mr.Fulvio, sempre più una figura importante all’interno di Jolly Roger Radio. Mic DJ vi saluta e vi da appuntamento qui in radio, tra articoli e tanta buona musica. Ora qualche consiglio per voi direttamente dalla nostra Rock Radio!
Geddy Lee, un genio immortale.
Alcatrazz – Take no Prisoners
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