Maiden Meteors, ovvero quelle cose cha passano, spesso senza lasciare un segno. Chi ha avuto la pazienza di leggere le mie precedenti incursioni sul blog (NDR – è Mr.Fulvio che scrive), che gentilmente mi sono state concesse, avrà sicuramente intuito che ho un debole per le storie curiose e poco conosciute. Meteore ingiustamente dimenticate, dischi e artisti riesumati dopo decenni di oblio, losers che hanno solo sfiorato il successo o che lo hanno letteralmente gettato alle ortiche.
Il fil rouge di tutto questo è il cercare, nel mio piccolo, di stimolare il ricordo di chi sa e la curiosità di chi vuole invece sapere o approfondire. All’origine di ogni articolo c’è un fattore scatenante: solitamente è la pubblicazione di un disco o un fatto di attualità in grado di sbloccare la catena dei ricordi.
MAIDEN METEORS, IL CONTESTO
Questa volta l’evento è triste, la recente scomparsa di Paul Di’Anno che con i primi Iron Maiden ha iniziato al metal il sottoscritto e una vastissima platea di miei coetanei. Non sono però un amante dei cosiddetti “coccodrilli”, mi mettono tristezza. Quindi per rendere omaggio a Paul ho pensato di affiancargli Clive Burr, purtroppo ideale compagno di sventura, e di trattare dettagli poco battuti che riguardano il loro passato.
Entrambi defenestrati dai Maiden ed entrambi non più tra noi, Paul e Clive condividono anche il fatto di essere stati protagonisti in due band meteora non così presenti nella memoria di tutti e scomparse dopo la pubblicazione del primo lavoro. Inoltre sia i Gogmagog, nei quali sono entrambi presenti, sia gli Stratus, fondati da Clive Burr, esplorano tematiche musicali diverse dalla navicella madre da cui sono stati loro malgrado espulsi. Inquadrato il contesto proviamo ora a togliere un po’ di polvere da queste due reliquie ormai quasi quarantennali.
MAIDEN METEORS: GOGMAGOG
Vedono la luce nel 1985 per volere del manager musicale Jonathan King che, dopo la produzione di “From Genesis to Revelation” e la compartecipazione nel Rocky Horror Show londinese, vuole evidentemente cavalcare l’onda emergente del metal dando vita ad una sorta di supergruppo. La sua strategia prevede di scritturare quanto di meglio offre il panorama britannico degli artisti privi di contratto.
La formazione vede quindi Paul Di’Anno (vocals) e Clive Burr (batteria) di provenienza Maiden, ai quali si aggiunge Neil Murray, ex Whitesnake, al basso. Alle chitarre completano il roster Janick Gers (ex White Spirit e Ian Gillan Band nonché futuro membro della Vergine di Ferro) e Pete Willis, estromesso dai Def Leppard.
Come campagna acquisti nulla da eccepire anche se, probabilmente, è stata croce e delizia del progetto, il cui split, avvenuto nello stesso anno della fondazione, non prescinde di certo dalla difficoltà di amalgama tra tanti potenziali leader. I Gogmagog riescono quindi a consegnare ai posteri un unico EP di soli tre brani dal titolo “I Will Be There”. Il genere proposto è un Hard Rock piuttosto prevedibile, privo degli spunti che magari sarebbe lecito aspettarsi da una simile formazione.
COME SUONA?
In questa “Maiden Meteors” La title track porta la firma di Russ Ballard, altro nome illustre coinvolto, ed è l’unico pezzo a non uscire proprio con le ossa rotte. I restanti due brani sono composizioni semplici, probabilmente create ad arte nel tentativo di catturare l’audience radiofonica del tempo. “Living in a Fucking Time Warp” fa il verso nel ritornello a “Living After Midnight” dei Judas Priest e “It’s Illegal, It’s Immortal, It’s Unhealty, but It’s Fun” altro non è che una party song in chiave metal decisamente infantile. In sintesi la scarsa attenzione al songwriting non riesce a mettere in evidenza le enormi potenzialità degli artisti coinvolti nel progetto.
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Gogmagog in definitiva è stato, a mio avviso, solo un progettino mordi e fuggi con artisti di grido coinvolti unicamente per denaro in una sorta di mercenarismo musicale. Il tentativo di sfruttare il business del momento è però naufragato sotto la direzione di chi non aveva sicuramente la necessaria competenza sulla scena metal di quel periodo. La storia della nostra musica preferita è fatta anche di questi fallimenti che, al netto dello scarso appeal musicale, è giusto raccontare per avere un quadro più completo sulla scena metal britannica di metà anni ’80, in continua evoluzione e alla ricerca di una precisa identità. Per la cronaca “I Will Be There” non è mai stato ufficialmente ristampato e la prima stampa in vinile dell’epoca ha elevate quotazioni che trovo giustificate solo dalla sua rarità e dall’interesse dei collezionisti/completisti dell’universo Iron Maiden.
MAIDEN METEORS: STRATUS
Il gruppo nasce nel 1983 fondato da Clive Burr, inizialmente con il moniker “Clive Burr’s Escape” (saranno fischiate le orecchie a Steve Harris?). Anche qui il termine supergruppo non è fuori luogo in quanto la formazione,oltre a Clive alle pelli, include: i fratelli Chris e Tino Troy (rispettivamente basso e chitarra) provenienti dai momentaneamente inattivi Praying Mantis. Poi la rispettabilissima ugola di Bernie Shaw (ex Grand Prix e futuro vocalist degli Uriah Heep) e l’esordiente Alan Nelson alle tastiere.
L’unico lavoro della band risulterà essere l’album di 9 pezzi “Throwing Shapes” inizialmente edito nel 1984 per il solo mercato giapponese e poi stampato l’anno successivo dalla misconosciuta etichetta belga Steel Trax. A dispetto della formazione non ci sono tracce di N.W.O.B.H.M: questo è un album di scintillante melodic hard rock / AOR con le tastiere sempre in bella evidenza.
COME SUONA?
Quest’altra “Maiden Meteors” spacca, a partire dall’opener “Back Street Lovers” fino al brano finale “So Tired” è un continuo susseguirsi di cori e ritornelli accattivanti con la voce di Bernie Shaw in gran spolvero. Tutto l’album è melodicamente molto dinamico con brani che lasciano il segno nell’ambito delle coordinate tipiche del genere proposto. L’immancabile ballad “Give Me One More Chance”, compito svolto con buona perizia compositiva, funge da apripista al coinvolgente e scatenato AOR Rock ‘n Roll di “Never Say No”. Bellissima anche la terza traccia “Even If It Takes”, forse quella con il repertorio più completo sfoggiato da ogni singolo componente del gruppo.
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Sinceramente, ad averne oggi di album melodic rock di pari freschezza! Probabilmente questo lavoro è stato al tempo non capito, spiazzante per i trascorsi degli artisti coinvolti e, di conseguenza, criminalmente sottovalutato. La band purtroppo si scioglie nel 1985 tra l’indifferenza generale. Oltre alle prime stampe in vinile (Giapponese e Belga) esiste anche una ristampa in CD edita nel 2008 dall’etichetta britannica “Krescendo Records”, specializzata in riedizioni del periodo N.W.O.B.H.M. La reperibilità di tutte le versioni è discreta, se siete appassionati del genere e vi capita tra le mani non tiratevi indietro.
CONCLUSIONI DI MR.FULVIO
Le due “Maiden Meteors” Gogmagog e Stratus, con modalità diverse e con risultati artistici opposti, fotografano la situazione della scena metal britannica dei mid eighties: la N.W.O.B.H.M, dopo l’eccitazione degli esordi, inizia a dare i primi segnali di crisi: le nuove correnti Thrash e Glam si affacciano e più di una band manifesta crisi di identità. Come esempi basta citare le virate verso l’easy listening dei Saxon con “Innocent Is No Excuse” nel 1985 e dei Tygers Of Pan Tang con “The Cage” già nel 1982.
Nello specifico i Gogmagog evidenziano il tentativo di assoldare mercenari di lusso dalla N.W.O.B.H.M. snaturandone il talento con mero scopo di lucro. Questa è l’ennesima dimostrazione che i supergruppi, quando sono voluti e aggregati forzatamente da manager ed etichette discografiche, non funzionano quasi mai, con buona pace del pedigree degli artisti coinvolti. Stratus invece dimostrano come sia difficile conquistare la credibilità quando si decide in qualche modo di “cambiare pelle”. La band aveva in dote la potenziale fanbase dei gruppi di provenienza che però non si è dimostrata pronta al cambiamento: si aspettava evidentemente altro dai propri beniamini.
Il triste risultato è stato la breve durata della band e un ottimo disco di Melodic AOR assolutamente trascurato da tutti: varrebbe sicuramente la pena recuperarlo. Chiudiamo con Paul e Clive, attori protagonisti dell’excursus in queste band minori e della N.W.O.B.H.M. in generale.
La vita non è certo stata tenera con loro e credo che tutti noi, musicisti e semplici appassionati, abbiamo un debito nei loro confronti. Grazie di tutto ragazzi e mi raccomando, tenete alto il volume anche lassù.
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