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Concerti

WASP e quel 1986 a Torino

today3 Aprile 2023 604 4 4

Sfondo
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Gli WASP furono il gruppo che accompagnò gli Iron Maiden nel loro “Somewhere on Tour“, il carrozzone metallurgico di supporto al loro album “Somewhere in Time”, uscito il 29 Settembre 1986. Tutti sanno, grazie a racconti che hanno tinte leggendarie, cosa fecero i 5 Maiden sul palco, ma il gruppo di spalla come si comportò?

WASP, SOMEWHERE IN TURIN

Era una fredda giornata d’autunno del 1986 quando il sottoscritto venne a conoscenza che la sua band preferita del tempo sarebbe calata in quel di Torino. Ero sul bus 56, pigramente appoggiato alla macchinetta obliteratrice, quando vidi un enorme manifesto in zona Parco Ruffini. Con le cuffie a palla rimasi a bocca aperta per tutto il viaggio, per poi immergermi in nebulosi pensieri durante il tragitto dalla fermata a casa. Avevo 13 anni e non sapevo come dire ai miei che volevo andare al loro concerto. Il timore di un NO era troppo, così studiai un piano geniale per essere della parte. Mi misi d’accordo con un compagno di classe: lui avrebbe detto ai suoi che sarebbe venuto da me il pomeriggio a studiare, io feci lo stesso ma al contrario. Convinti dell’infallibilità del nostro piano, andammo da Fans Shop alla Rinascente a prendere i biglietti: 17.500 lire.

WASP

15 DICEMBRE 1986

Il pomeriggio eravamo già davanti al Palasport del Parco Ruffini, luogo in cui si sarebbe svolto il grande evento. Eravamo due sbarbati in mezzo ad un orda di gente con chiodo e capelli lunghi. In mezzo ai pellati si potevano scorgere persone di mezz’età vestite normalmente, persone uscite da lavoro e venuti li a vedere il concerto. Si aprono i cancelli e ci fiondiamo dentro col cuore in gola. Il palco era li, a pochi metri, ma la calca era assoluta. Ci spostiamo allora sulla nostra sinistra, una posizione più tranquilla con una buona visuale. Il concetto del tempo, per noi, si era fermato.

WASP, BEATA IGNORANZA

Di colpo si spengono le luci, si spegne la musica di sottofondo e, ad un volume che faceva tremare le ossa, parte “The big welcome”. Un flash improvviso ed ecco illuminarsi un palco in versione ovviamente ridotta: la struttura che accompagna la band Americana è simile a quelle che si potevano vedere in qualsiasi circo. Non poteva essere altrimenti, visto che loro stavano facendo la promozione dell’album “Inside the Electric Circus”, ed è proprio con questo pezzo che attaccano. Un boato. Il Look dei quattro è assurdo, esagerato. Capelli cotonatissimi, sparati in aria, con la sola eccezione di Chris Holmes,che pareva uscito da 10 minuti dal cesso dopo una vomitata.

WASP

Non avevo mai sentito gli WASP, non li conoscevo proprio ma mi hanno letteralmente stupito. Certo, la perizia tecnica non era sempre perfetta ma come poteva esserlo? Blackie Lawless passa dal basso alla chitarra ritmica, e pur avendo il compito di suonare e cantare non sta mai fermo. Holmes è una vera bestia, con un sound lurido che ritrovava la perfezione solo negli assoli. Il neo arrivato Jonny Rod al basso era come tarantolato, con quella chioma biondo platino che volava sul palco. Steve Riley alle pelli picchiava come un dannato e sbracciava un sacco, perché anche l’occhio vuole la sua parte.

UNA BOMBA DOPO L’ALTRA

Gli WASP non erano di primo pelo, avevano sulla schiena 3 album al fulmicotone e avevano le idee chiare: cercare di stupire una platea venuta li per vedere un altro tipo di Heavy Metal. Il carisma di Blackie era incredibile, anche se veniva fischiato da una parte dei presenti. Aveva letteralmente il culo di fuori, inizialmente coperto da una calzamaglia che poi si ruppe clamorosamente. Il trittico iniziale è violento: dopo la title track ecco arrivare in sequenza “I Don’t Need No Doctor” e “9.5.-N.A.S.T.Y.”, suonate con una cattiveria notevole.

Il pubblico, forse per l’unica canzone, è tutto per loro quando iniziano “Animal (Fuck Like a Beast)”, probabilmente il loro pezzo più conosciuto fino a quel momento. Il Palazzetto è una bolgia e noi veniamo sballottati un po ovunque. La seguente “Widowmaker” rallenta il tiro e dalle prime file qualcuno non gradisce: iniziano a vedersi volare degli sputi. Finito il brano, un Lawless decisamente alterato decide di sfasciare la chitarra: non so se la cosa fosse in programma ma dai “fuck” che si sentivano pareva decisamente un gesto istintivo. Ci pensa la seguente “Wild Child” a riportare la pace tra le due fazioni, canzone che mi lasciò a bocca aperta.

GLI WASP CHIUDONO IL LORO SHOW

WASP
Foto di repertorio

Con il trittico “Sex Drive”, “I Wanna Be Somebody” e “Blind in Texas”, durante la quale Holmes rigurgita qualche parola incomprensibile, il gruppo chiude il concerto, congedandosi tra vari “Fuck”, dita medie e simili che facevano parte del repertorio tipico dello stile Glam Rock di quegli anni.

Una mezz’oretta per somatizzare il tutto e salirono poi sul palco loro, gli Iron Maiden. Ma questa è un’altra storia, una di quelle che bene o male conoscono quasi tutti.

RIFLESSIONI DEL MIC

Ovviamente il nostro piano non era ne geniale ne infallibile. Nel tardo pomeriggio le rispettive famiglie, non vedendoci rientrare in casa, si sentirono al telefono, scoprendo che non eravamo dove loro pensavano. Per fortuna il fratello grande del mio amico disse “Ah ma guardate che quei due parlavano di andare a vedere i Maiden al Ruffini”. Questa era la vera magia di vivere senza cellulare.

Mi presi un cazziatone infinito, restando un mese in punizione. La vivetti comunque bene, felice di aver visto quello spettacolo. Appena ebbi due soldini in tasca comprai “The Last Command” e “Inside the Electric Circus” in cassetta, per vivere quelle canzoni tutti i giorni. Il Rock è sempre una bella favola, in fin dei conti.

Mic DJ vi saluta e vi da appuntamento qui in radio, tra articoli e tanta buona musica. Ora qualche consiglio per voi direttamente da Jolly Roger Radio.

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Scritto da: Mic DJ

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Commenti post (4)

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  1. Evandro il 17 Ottobre 2023

    Io ne avevo 32 e ricordo i tamarri che spuntavano sul palco.
    Sputarono anche a Steve Harris che minacciò di sospendere il concerto.
    Che tempi…

    • Mic DJ il 3 Aprile 2023

      Avevo 13 anni e sconvolto dall’esperienza totale del mio primo live. Ci spinsero di lato, certe cose non le ricordo proprio…


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