Gli STORM sono stati una delle più belle realtà Hard Rock, inteso in tutte le sue sfumature, della fine anni ottanta. Avrebbero meritato molto di più, ma sappiamo molto bene che, soprattutto in quegli anni, la scena italiana era consiederata di serie B. Andiamo a scoprire insieme questa grande band e sentiamo cosa ci ha proposto a livello musicale. Press Play on Tape!
STORM, ITALIA DI METALLO
La magica giostra musicale di Italian Metal Heroes mi lancia in un altro estenuante giro a rotta di collo nel Matterhorn a chitarre sparate, con le melodie a correre e disegnare fiumi di luci. Questi STORM, arrivano da Bologna e vedono al microfono la voce pazzesca di Mary Boschi a farci sbarellare. Il genere proposto è riportato a grandi caratteri sul CD: Audience Oriented Rock, che in soldoni lo riassumi con AOR. Si lo so che la sigla la si trova scritta in altre enne modi, ma il risultato non cambia.
In questa gemma ottica troviamo ben due demo tapes degli anni che furono. Il primo è “Don’t Waste Your Time” del 1988, e il secondo è “Hard Times” del 1990. Erano anni in cui il genere era ancora abbastanza in auge, ma paga il solito dazio che essendo stato un prodotto nazionale fu messo in disparte a favore del grande nome di turno. La qualità delle registrazioni, pur essendo fatte su tape, è più che buona e si riescono ad apprezzare tutte le sfumature e le emozioni che le canzoni vogliono trasmettere.
STORM: DON’T WASTE YOUR TIME
Basta premere play e sentire i primi 20 secondi della opener “Don’t waste your time” per accorgersi di avere tra le mani un set di pezzi clamorosi. La voce di Mary arriva come sempre con la sua eleganza e la sua timbrica, che esplode nel ritornello “Girl, don’t waste your time” da brividi. Le chitarre hanno un suono assolutamente moderno per essere una demo del 1988, hanno quel mood elaborato, quasi barocco, che tanto andava in quegli anni. Il solo è un fuoco d’artificio nella notte, un lampo che illumina una canzone di per se favolosa.
Si parla di AOR, e “I don’t know” è qui per ricordarcelo: tastiere dominanti, arrangiamenti carichi di melodia e la voce che completa la tessitura. La canzone procede con un ritmo piuttosto lento e sognante, che ci porta per mano alla seguente “Shock me”, dove pare di sentire l’ispirazione dei primi album dei Boston. La struttura è molto classica, e il ritornello è tipico dei canoni del genere. Pierpaolo Farina alla chitarra ci sa davvero fare, dal riffing ai solos, e la sessione ritmica composta da Renato Tusa al basso e da Roberto Bovini alle pelli è una potenza.
“Dreaming all night” è la ballad che chiude la prima demo tape, una ballata tipica di quegli anni con quel pianoforte asciutto ad accordare note sulle quali gli strumenti lavorano lenti e la chitarra accorda e accompagna. Mary in questo pezzo fa letteralmente paura, arrivando ad accarezzare vette vocali in stile Kate Bush di fine anni settanta.
VIDEO
STORM: HARD TIMES
Una tastiera profonda, calda, arriva da lontano ad aprire “What can i do”, e si sente che si sta ascoltando qualcosa di diverso. Ci sono suoni sintetici, la chitarra è più asciutta e il sound in generale è più “USA oriented”. La canzone è immediata, la canti dopo due ascolti, con quello stop and go di ritmiche e quell’assolo che è una cascata di note messe dove devono stare. E’ già ora del pianoforte con la clamorosa “Don’t you leave me”, canzone che pare scritta per metter in risalto le doti canore di Mary, che passa dall’abisso delle note più basse a cielo di quelle più alte. Una ballata molto matura, assai poco ruffiana e non così facile da apprezzare in toto.
“Believe in yourself” scala due marce e spinge secca sul pedale del gas, canzone da spaccarsi la testa. Un pezzo AOR che ci starebbe stato da dio in mezzo a qualche colonna sonora del periodo, in qualche scena dove il mondo dei ricordi correva a mille all’ora. Particolare il bridge a metà, con chitarra e tasrtiera a richiamarsi, per poi esplodere nell’ennesimo assolo da arena.
Come genere l’AOR è strano, spesso lo si ama o lo si odia. Ma ci sono canzoni che mettono tutti d’accordo, come questa “Hard times”, che ti lascia sul bordo del burrone, in bilico, per poi partire e farti spiccare quel salto grazie alla perfetta amalgama di voce e strumenti, tutti indirizzati in un fine comune, ovvero la bellezza nel suonare. Penultimo pezzo, e qui si respira l’aria dell’AOR che va a braccetto con un groove FM oriented incredibile. “Fly away” è come mettere in un mixer i Journey più scaltri con quel quid di Coverdale. Ottima chiusura con “I need you”, senza fronzoli, easy come bere una birra gelida in piena estate. Ma attenzione, ascoltatela con attenzione e sentirete sotto sotto il groove di un saloon dove il piano sta intonando un honky tonk elettrificato, per ricordarci che non è mai abbastanza bello avere tra le mani della musica così valida.
RIFLESSIONI DI MIC DJ
Me lo sono preso originale questo CD, questo reperto di cosa era la musica Hard Rock italiana in quegli anni. Questo periodo storico era fantastico, con un brulicare incredibile di demo, di band e di generi. Non permettiamo che tutto questo vada perduto, e per questo ringraziamo lo staff di Italian Metal Heroes per questa grandissima opera di ricerca, ripristino e conservazione.
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