Scrivere un articolo sui Whitesnake porta indubbiamente in dote alcune responsabilità, la prima delle quali è parlare di Bernie Marsden. Senza il suo incredibile apporto la band probabilmente non avrebbe mai preso il largo. Andiamo a vedere insieme un po di storia di questo gran chitarrista blues.
BERNIE MARSDEN, BORN TO BLUES
Nel caotico mondo del rock, che sia esso roll o hard, è assai comune il motto “Born to loose”. Forse sdoganato già da un tal Ray Charles in un suo pezzo del 1962, probabilmente reso più zozzo nel 1977 da Johnny Thunders, ma sicuramente consacrato dal buon Lemmy, “Born to loose” divenne uno status. Rappresenta lo stilema di chi era arrivato dal nulla, dal basso, dalla miseria più assoluta. Nati per perdere, ma proprio per questo destinati a vivere una vita al massimo.
Bernie Marsden arriva anche lui dal nulla, dal basso, dalla polvere della rupestre contea del Buckinghamshire. Ma egli scelse un’altra strada: parafrasando il più famoso motto citato poc’anzi, lui era “Born to Blues”. E’ un modo differente di essere nati per perdere, più triste forse, ma anche qui il destino era vivere al massimo. Solo che qui la velocità è espressa in 12 battute.
GLI INIZI
Bernie Marsden nasce nel Maggio del 1951 a Buckingham. Vive un infanzia modesta, durante la quale inizia ad innamorarsi della musica. Si dice che fu folgorato dallo stile di Clapton, periodo “Bluesbreakers”, quando nella metro di Londra iniziarono ad apparire le scritte “Clapton is God”. Inizia così la sua gavetta nelle band locali, fino ad arrivare al 1971 con la creazione della sua prima band, gli Skinny Cat.
Per il periodo era impossibile non notare i mezzi tecnici del ragazzo, e infatti ottenne il suo primo contratto degno di questo nome nei neonati UFO, band che si rivelò fondamentale nella transazione tra l’hard rock settantiano e la nascente NWOBHM. Con essi fece un tour europeo e, nel 1972, incise due demo: “Oh My” e “Sixteen”.
Nel 1973 si unisce ai Wild Turkey, band formata da Glenn Cornick, alias primo bassista dei Jethro Tull dal 1967 al 1970. Fu un’apparizione breve quella nei Turkey, perchè Marsden nel 1974 si unisce ai Cozy Powell’s Hammer. Con il leggendario Powell e la sua band si esibisce live per un anno circa, a supporto del RAK Rocks Britain Tour.
BERNIE MARSDEN INIZIA AD AFFERMARSI
Siamo nel 1975 quando Mardsen si unisce ai Babe Ruth, rock band inglese abbastanza affermata, che colse un disco d’oro col debut album in Canada. Con la band incide due album, rispettivamente “Stealin’ Home” nel 1975, e “Kid’s Stuff” nel 1976. In quell’anno la band si sciolse e Bernie si aggregò ai Paice Ashton Lord, dopo che Powell consigliò a Jon Lord il chitarrista per la loro neonata band post Deep Purple.
Le cose andavano bene, il gruppo incise un buon album intitolato “Malice in Wonderland” tra la fine del 1976 e l’inizio del 1977. Purtroppo durante una data di promozione del disco, Ashton si ruppe una gamba cadendo dal palco durante un concerto a Londra. Questo incidente decretò la fine della band, ma forse non fu questo il reale motivo.
LA CHIAMATA DI COVERDALE
I Deep Purple erano ormai sciolti da un po, ma un certo David Coverdale la stava pensando in grande. Non progetti di qualche anno, nemmeno band di perfetti sconosciuti. David aveva idea di formare una band con le palle, di quelle destinate a lasciare il segno. Una sera del 1977 Mardsen e Coverdale si incontrarono per la prima volta in quel di Monaco di Baviera.
Poco dopo, esattamente nel 1978, nacquero i Whitesnake. E’ sempre stato palese che il carisma di Coverdale trasformò la band in un suo progetto solista, ma è altrettanto palese che senza l’apporto di Bernie Marsden in fase di scrittura, molti successi immortali della band non avrebbero mai visto la luce. Da notare che, durante la sua permanenza nei Whitesnake, incise anche due album da solista.
Canzoni come come “Fool for Your Loving”, “Walking in the Shadow of the Blues”, “Lovehunter”, “Trouble”, “Child of Babylon”, “Rough and Ready”, sono solo un esempio di cosa fosse capace Bernie. Ma sicuramente il paradiso, la vetta assoluta, la raggiunse con la stesura, coadiuvato da Coverdale, di “Here I Go Again”.
MARSDEN, COVERDALE & HERE I GO AGAIN
Questa canzone è diventata un po l’inno dei serpenti bianchi, nonché uno dei pezzi più famosi e riconoscibili da chiunque anche al di fuori del mondo rock. Fa parte di quelle canzoni universalmente note, trasmesse in radio in qualsiasi tipo di stazione. Il testo è opera di Coverdale, ma la musica è di Mardsen, composta in sol maggiore e un tempo di 91. Per capire la portata incredibile di questo pezzo basti dire che nel 2018 è stata trasmessa per la sei milionesima volta in programmi radiofonici statunitensi. La rivista Rolling Stones mise la canzone al nono posto assoluto tra i brani Hair Metal.
Here I Go Again fu poi registrata, in maniera ufficiale, tre volte: l’originale del 1982, la versione presente su 1987 e una versione “radio-mix” del 1987, richiesta da Geffen, pubblicata come singolo negli Stati Uniti. Anche i video legati ad essa sono due: l’originale mostra la band che esegue la canzone sul palco, mentre la versione del 1987, oltre all’esibizione sul palco della band, comprende le apparizioni della modella Julie E. “Tawny” Kitaen.
PERIODO POST WHITESNAKE
Dopo la sua dipartita dai Whitesnake, Mardsen formò la band Alaska con Robert Hawthorne alla voce e Richard Bailey alle tastiere. Con questa band pubblica due album di rock melodico, “Heart of the Storm” nel 1984, e “The Pack” nel 1985. Nel 1986 crea gli MGM, chiamando a se gli ex membri dei Whitesnake Neil Murray e Mel Galley. Ciliegina sulla torta era la presenza dell’ex cantante dei Toto Bobby Kimball. Non si sa molto sull’attività della band, si narra che furono effettuate delle registrazioni, tuttora ancora inedite.
Nel 1989 mette su un bel progetto, proficuo e duraturo, con l’amico di vecchie avventure Micky Moody, chiamato The Moody Marsden Band. Veramente notevole il disco live del 1992 “Never Turn Our Back On The Blues”, che vede la presenza di Zak Starkey alla batteria. Dopo l’ottimo live unplugged “Live In Hell”, la band pubblica nel 1994 l’unico lavoro in studio, chiamato “Real Faith”.
MARSDEN E LA COMPAGNIA DEI SERPENTI
«Nove saranno i membri della Compagnia dei serpenti, e i Nove Viandanti si opporranno ai Nove Cavalieri che sono malvagi…”. Il nostro prode Mardsen, tra il 1997 e il 1998, sente il bisogno di calarsi in qualcosa di più eroico e fonda i The Snakes, chiamando a se il grandissimo singer Jørn Lande, e proponendo un repertorio 100% Whitesnake old school. Nel 1998 sfornano un album in studio, “Once Bitten…”, e un live dal titolo “Live in Europe”. Ma ciò non era ancora abbastanza: Bernie vuole andare oltre.
Fu così che Mardsen e Moody fondarono La compagnia dei serpenti, meglio conosciuta come The Company of Snakes. Chiamarono al loro seguito, in un arco temporale di due anni, otto membri: Neil Murray al basso e John Lingwood alle pelli, con una parentesi di Ian Paice. Arrivò poi Don Airey alle tastiere, intervallato con un anno di Jon Lord, mentre alla voce si sono scambiati il microfono Robert Hart, Gary Barden e Stefan Berggren.
Con questa compagnia infiammò le lande europee, mettendo a ferro e fuoco intere città. A testimonianza di cotanta bontà ci sono due bellissimi live: “Endangered Species: Live At Abbey Road” del 2000, e “Here They Go Again” del 2001. A coronamento di tutta l’attività live, nel 2002 esce “Burst the Bubble”, loro unico album in studio.
RIFLESSIONI DEL MIC
Il resto è storia recente, dal cambio di nome in M3, ovvero Marsden-Moody-Murray, con l’aggiunta di Jimmy Copley e Mark Stanway. Dal 2007 Bernie Marsden si esibisce con costanza da solista, perché un talento del genere, oltre ad andare preservato, non può stare fermo. Si diletta nell’unirsi ai Blues Cruises di Joe Bonamassa, giusto perché quando sei “Born to Blues” non puoi morire diversamente. La Gibson ha realizzato una serie limitata della sua Les Paul conosciuta come “The Beast”, perché il diavolo del blues ti promette sempre qualcosa quando lo trovi ad un incrocio.
Mic DJ vi saluta e vi da appuntamento qui in radio, tra articoli e tanta buona musica.
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