Con l’arrivo degli anni ottanta per molte band del decennio passato hanno molte difficoltà ad inserirsi nei nuovi suoni e nelle nuove filosofie molto edoniste. Andiamo perciò a vedere, in questa terzo e ultimo articolo, come si mossero i Blue Oyster Cult e come sono arrivati fino ai giorni d’oggi da quel folgorante periodo precedente di cui abbiamo parlato QUI.
ANNI OTTANTA SUGLI SCUDI
I suoni sono molto più sintetici, ci sono montagne di sintetizzatori, batterie elettroniche e suoni esagerati. Per le band di classico hard rock della vecchia guardia è ancora più difficile. I Led Zeppelin si sono sciolti nel 1980, a seguito della morte del loro batterista John Bonham mettendo la parola fine alla loro storia. I Deep Purple sono in stand by, per poi tornare a metà decennio in pista. Quindi, per quanto riguarda l’Inghilterra, gli unici che godono di buona salute sono i Black Sabbath. Ozzy, con la sua carriera solista, vende molto bene e la sua ex band produce dischi molto dignitosi.
C’è però un battaglione di nuove band, come Iron Maiden, Motorhead, Def Leppard, Judas Priest e Saxon, che sull’onda della New Wave of British of Heavy Metal si è fatta decisamente sotto. Lo stesso discorso vale con l’altra sponda dell’Oceano: i Kiss si tolgono il trucco e provano a rinnovarsi con molte difficltà, gli Aerosmith perdono per qualche anno Joe Perry e non sanno che strade prendere. Lo stesso vale per Ted Nugent: tutti devono fare i conti con i nuovi alfieri dell’hard rock come i Van Halen, i Motley Crue e successivamente i Metallica.
Oltretutto a seguito di queste band, gran parte dell’hard rock americano diventa più edonista, trasformandosi in Hair Metal, anche
se qualcuno rimane fedele agli stilemi dello street metal. Infine anche l’Australia inizia a tuonare, in quanto gli AC/DC iniziano a vendere tantissimo con il loro Black Album del 1980.
ANNI OTTANTA, LA SITUAZIONE OTTIMALE
Tanta confusione sotto il cielo, la situazione è ottimale, citando un verso di Mao. I nostri, infatti, sono in mezzo al guado: la loro proposta è invecchiata e anche la penna non è più quella solida di qualche anno prima. Il loro ultimo album in studio aveva avuto un buon airplay grazie alla loro sterzata verso un AOR sound. Pertanto, con il loro nuovo produttore Bruce Fairbarn e il nuovo batterista Rick Downey, nel 1983 pubblicano “The Revolution by Night”. Il suono è quello facile, e diciamo che con “Shooting Shark” riescono e entrare in classifica sebbene nelle parti basse: 87esimo posto in Usa e 93esimo in UK. Al testo del pezzo contribuisce anche Patti Smith.
I testi parlano di incubi notturni e angeli minacciosi sopra il cielo di Los Angeles, temi cari alla nostra amata sigla. Da sottolineare i contributi esterni con uno dei campioni dell’AOR sound come Aldo Nova alla chitarra, Larry Fast ai sintetizzatori, uno che ha suonato con Peter Gabriel e Kate Bush e il bassista Randy Jackson. Ad ogni modo è l’inizio delle turbolenze interne: Rick Downey molla il ruolo per il momentaneo avvicendamento di Albert Bouchard che uscirà successivamente.
Incredibilmente, dopo questo album, anche Allen Lanier se ne andrà. I posti saranno occupati da Jimmy Wilcox alla batteria e Tommy Zvoncheck alle tastiere. Tutto ciò per evidenziare che “The Revolution by Night” è un album di passaggio, sicuramente poco riuscito o probabilmente messo malamente a fuoco. D’altronde i primi anni ottanta, per moltissime band di vecchia data, sono un periodo difficile per cercare di riordinare le idee e i nostri sono in piena confusione.
META’ ANNI OTTANTA
A fine 1985 in UK e a inizio 1986 in Usa esce “Club Ninja”, decimo album dei Blue Oyster Cult. Un album leggermente superiore qualitativamente ma non commercialmente, perché le vendite sono state insufficienti e la Columbia decide di averne abbastanza. Oltretutto la band cerca disperatamente un paio di Hit con un suono sempre più AOR, ma i risutltati non sono esaltanti. Solo “Dancin in The Ruins” ha avuto dei discreti risultati sia a nelle vendite che nei passaggi su MTV. Manca quel senso di ombroso, di notturno: il suono è pulito e senza sbavature, e un pezzo come “Perfect water”, con un allure più scura, sarebbe una canzone che farebbe il paio con “Don’t fear the reaper”. Ad ogni modo è un disco da ascoltare più volte perché rimane un’opera dignitosa.
Fra i collaboratori troviamo il conduttore radiofonico Howard Stern, che presta la voce nell’intro di “When the War Come”. Conclude la lunga “Madness of the method”, struttura prog per una canzone che vorrebbe guardare il cielo e l’infinito con un grande lavoro di tastiere da parte di Tommy Zvoncheck. Da evidenziare che in “Perfect water” ha partecipato nella stesura del testo Jim Carroll, responsabile di tre grandi album di rock urbano. Lo ricordiamo anche per l’autobiografico “Jim entra nel campo di basket”, che nella versione cinematografica
venne interpretato da un giovane Leonardo Di Caprio.
FINE DEGLI ANNI OTTANTA
Nel 1988 la Columbia fa uscire un album che fu più volte rifiutato nel 1984, quando era un demo. L’album doveva avere testi di Sandy Pearlman, e doveva basarsi su una storia fatta di cospirazioni aliene per il controllo della Terra. Una storia che inizia alla fine dell’Ottocento e continua nel secolo successivo. Sandy Pearlman e Albert Bouchard avevano iniziato a lavorare al progetto fin dalla metà degli anni Sessanta ed era ricco di riferimenti culturali dove l’ispiratore principale era H.P. Lovecraft. Ma le origini sono ancora più lontane, visto che parliamo dei primi Settanta: esso prevedeva tre album doppi, ma venne cassato dalla casa discografica in quanto troppo ambizioso.
Per riproporre il progetto, in accordo con la casa discografica, si scelse il compromesso di utilizzare la sigla Blue Oyster Cult e rimettere in piedi la band che era all’epoca momentaneamente sciolta. Partecipano parecchi ospiti come Joe Satriani e Robbie Krieger alla chitarre più musicisti assortiti. “Imaginos” è un grande ritorno, sebbene i risultati di vendita non furono favorevoli. L’inizio è grande: “I Am The One You Warned Me Of” e “Les Ivisibles” ricordano i tempi gloriosi, come anche la terza “In presence Of Another World”. Finale leggero con “Imaginos” che chiude un disco davvero notevole. Un album da ascoltare di notte, magari, mentre si percorre una strada provinciale del New England.
ANNI NOVANTA E TEMPI RECENTI
Dopo dieci anni esatti di attività esclusivamente concertistica, i nostri tornano con “Heaven Forbid”, album caratterizzato da una copertina eccessivamente Horror, sopratutto per i gusti del pubblico americano. Anche i testi erano particolari, visto che la maggioranza vedono la partecipazione dello scrittore Cyberpunk John Shirley. La musica, invece, vede le composizioni più aggressive firmate da Eric Bloom, mentre quelle più melodiche composte da Buck Dharma Roeser. Il lavoro è discreto, presenta pezzi pesanti come “Hammer Back”, “See You in Black”, e la poderosa “Power underneath despair”, ma vede anche la presenza di canzoni melodiche, come”Harvest moon” e “Live for me”.
Il tredicesimo album in studio dei Blue Oyster Cult esce il 5 giugno 2001, e vede ancora la partecipazione alla stesura dei testi dello scrittore
John Shirley, ma sopratutto vede la partecipazione, per l’ultima volta in un lavoro di studio, del tastierista Allen Lanier, che lascerà questo mondo il 14 agosto 2013. La formazione vede i tre capi storici come Roeser, Bloom e Lanier affiancati dalla base ritmica di Danny Miranda al basso e Bobby Rondinelli alla batteria. L’album è un buon lavoro, onesto e pulito, ma è comunque il lavoro di una band in salute e non patetica.
Purtroppo è una band fuori tempo massimo ma a noi va bene comunque: “Dance on Stilts” e “Old gods return” sono loro che cercano di ruggire con orgoglio nel terzo millennio. Sono successe troppe cose nel mondo dell’hard rock e non solo, se pensiamo cosa è successo dieci anni prima nel Nord Ovest degli Usa. Questo senza contare che band come Metallica, loro fedeli allievi, sono diventate superstar; perciò per Eric Bloom e compagni non ci sarebbe più spazio, anche se “Stone Of Love” e “Eye Of Hurricane” sono la chiara testimonianza di una band che non vuole assolutamente morire.
UN PRESENTE ANCORA DA SCRIVERE
La storia pareva conclusa, la band avrebbe continuato a suonare live in quanto i loro act sono sempre stati molti richiesti. Poi nel 2019 è arrivata la pandemia che ha bloccato a livello mondiale ogni attività, pertanto si è fatto di necessità virtù. A fianco degli storici Eric Bloom e Buck Dharma, ci sono Danny Miranda, Richie Castellano alla chitarra e voci e Jules Radino alla batteria. Manca ovviamente Allen Lanier, un drammatico segno dei tempi passati.ù
Inizio fragoroso con “That Was Me”, poi “Box in My Head”, decisamente radiofonica. “Taintled Blood” si poteva evitare ma non si molla un millimetro. “The Machine”, “Train True” e “The Return of St.Cecilia” sono la vecchia guardia che urla con orgoglio. “Stand and Fight” ci poteva stare su “Extraterrestrial Live”. “Secret Road” è un notturno americano, magari in qualche statale del Nord Est fra New York e Connecticut.
Solo “Florida man” è un poco leggerina, e rischia di essere spazzata via da tanta ferraglia esposta. Un album che trasuda orgoglio e senso di appartenenza, con la voglia di ribadire l’importanza di un nome così importante. Hanno reinventato un genere, hanno marchiato un suono e dato un immaginario. L’oscurità, le dimore gotiche nascoste dagli alberi, le presenze metafisiche, e tanti occhi bianchi sul pianeta terra. Cospirazioni aliene, presenze diaboliche e rombo di motori.
MUSICA VISSUTA DA JUSTY
Voglio ricordare che a metà anni Settanta li avevano accomunati ai Black Sabbath, in quanto loro versione americana, e per aver avuto negli stessi anni lo stesso produttore Martin Birch. Nel 1980 in effetti fecero un tour insieme ma pare non ci fu feeling fra di loro nel backstage.
La croce e l’uncino ci indicano ancora la strada, le Hot Rails to Hell, Roeser e Bloom vivono e lottano insieme a noi, decisamente invecchiati ma con tanto onore e tanta dignità. Gli alieni li hanno benedetti fin dalla notte dei tempi: H.P. Lovecraft e Stephen King ringraziano.
Dj Justy vi saluta e vi da appuntamento al prossimo articolo di musica vissuta.
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