Nel 1985 videro la luce due album live immensi: uno è “World Wide Live” degli Scorpions, l’altro è “Live after Death” dei Maiden. Qui andiamo a fare due parole proprio sul primo della lista, un concerto che personalmente mi sconvolse nel profondo. Pronti a premere play ed alzare il volume?
WORD WIDE LIVE, THE BEST OF SCORPIONS
La band teutonica non ha certo bisogno di presentazioni, e nel 1985 era un vero e proprio rullo compressore. Dopo i primi due album più hard rock, dal 1979, con il seminale “Lovedrive”, la band sterza verso un sound assolutamente Metal. Seguirono nel 1980 “Animal Magnetism” e nel 1982 il colossale “Blackout“, per il sottoscritto il miglior album del gruppo. In quell’anno il buon Klaus Meine subì un durissimo colpo: la sua voce era così compromessa che i medici gli consigliarono “di cambiare mestiere”.
Inizialmente Klaus era deciso a mollare tutto, ma, incoraggiato da chi gli stava vicino, decise di tentare il tutto per tutto: egli si sottopose a ben due interventi chirurgici alle corde vocali. Seguirono poi alcuni anni di pausa forzata, durante i quali il cantante sudò non poco per riadattare le corde vocali al canto. Il risultato ebbe del miracoloso: non solo Meine recuperò in toto le sue capacità canore, si rese conto di riuscire a raggiungere note più alte.
Sull’onda di questo ritrovato entusiasmo, nel 1984 esce il colossale “Love at First Sting”, uno dei primi album Metal registrati in digitale. L’album diverrà uno dei più venduti della storia della musica Heavy, proiettando definitivamente la Band nell’Olimpo delle star. Gli Scorpions intrapresero un tour mondiale enorme, che iniziò il 23 Gennaio del 1984 e terminò il 7 Febbraio 1985, toccando ogni angolo del mondo e facendo registrare il tutto esaurito praticamente ovunque.
IL TESTAMENTO LIVE
Il 20 Giugno 1985 vede la luce World Wide Live, un vero e proprio testamento Live del periodo 1979-1984. La prima versione ad uscire fu il fantastico doppio vinile, scelta obbligata vista la lunghezza del lavoro. Seguì la cassetta, che mi diede notevoli problemi di trascinamento del nastro proprio a causa della sua lunghezza. La prima versione in CD fu inizialmente tagliata di quattro canzoni a causa del limite di minuti dei primi supporti ottici, problema che fu risolto nel 1997 con una ristampa contenente la scaletta nella sua completezza.
Dalla versione in doppio vinile si risale, tra le varie note di copertina, alle date che furono utilizzate per la realizzazione del disco. Queste sono Parigi del 29 settembre 1984, Los Angeles nelle due date del 24 e 25 aprile 1984, San Diego del 26 aprile 1984, Costa Mesa il 28 aprile del 1984 e Colonia il 17 Novembre 1984.
WORLD WIDE LIVE, PRIMO VINILE
L’urlo della folla è da subito assordante quando parte il “Countdown”, mentre vengono i brividi a guardare la distesa a perdita d’occhio nella foto in interno copertina. Stiamo ancora cercando di capire quanta gente c’è in quello scatto quando si viene travolti da “Coming Home”, che parte cattiva, senza intro, un vero calcio sui denti. Non si riesce a prendere fiato, quasi fossimo schiacciati in mezzo a quella folla, mentre incalza subito “Blackout”, accolta con un ovazione assoluta. Questo combo iniziale lascia trasparire una gran bella resa audio, molto “aperta”, con le chitarre di Rudolph e Matthias decisamente separate come deve essere in questi contesti, il basso di Francis che ti schiaccia il torace, il drumming di Herman che non molla un colpo e un Klaus Meine letteralmente indiavolato.
“Hello San Diego, is good to see you tonight” e parte una fulminante “Bad Boys Running Wild”, col suo incidere quadrato. Il bridge e il seguente solo ti lascia di pietra, la band è veramente in palla totale. Con “Loving You Sunday Morning” l’atmosfera si ammorbidisce per un attimo, lasciandoci fare un paio di respiri e facendoci godere una song suonata in maniera ineccepibile. Rudolph lascia le incombenze solistiche a Matthias, concentrandosi su una ritmica quadrata e rocciosa, aspetto che su “Make it Real” ti fa venire l’insana voglia di saltare per la camera a cantare a squarciagola, con l’invisibile “Air Guitar” tra le braccia a scandire il riffone stoppato.
Lato B
Il lato B del primo vinile inizia come meglio non si può, con una “Big City Nights” eseguita magistralmente, dove i due chitarristi invertono i ruoli di ritmica e solista. Esemplare lo stacco dove batteria e Meine scaldano un pubblico già in delirio. A questo punto, tatticamente, si da un po di riposo all’ugola di Klaus, il quale imbraccia una chitarra e si lancia a dare ancor più corpo a “Coast To Coast”, canzone strumentale immensa. Questo pezzo sarebbe da insegnare nelle scuole di musica, per far capire che non servono chissà quali eccessi o virtuosismi per suonare una strumentale d’effetto.
I seguenti due pezzi sono due canzoni che hanno fatto piangere generazioni di metallari, quelle “Holiday” e “Still Loving You” che sono entrate di diritto tra le migliori ballad di sempre. Il pubblico è un sottofondo costante ed urlante, che su “Holiday” ci regala una prestazione corale immensa, che commuove anche dopo oltre 30 anni di ascolti. Schenker ci dimostra, anche se non c’è ne bisogno, di avere un cuore e un buon gusto senza paragoni, rendendo “Still Loving You” live un’esperienza indimenticabile
WORLD WIDE LIVE, SECONDO VINILE
Cerchiamo un attimo di stacco, e il cambio vinile è quello che ci vuole. Ma è tutto effimero, perché il platter si apre con “Rock You Like a Hurricane”, annunciata dalla voce raggelante di Meine. Signori siamo davanti ad un’opera d’arte assoluta del Metal mondiale, eseguita live con una carica e un cuore senza paragoni: vi sfido a non urlare “Here I am, Rock You Like a Hurricane”. Il disco prosegue con un pezzo letteralmente dedicato alle migliaia di fans presenti, quella “Can’t Live Without You”, debitamente riveduta e corretta per portare il pubblico ad un livello di esaltazione mai vista prima. La canzone viene sparata in faccia all’ascoltatore al doppio della velocità dell’originale, lanciando per la prima volta nella storia il concetto di “see you play imaginary guitars”.
La band è carica, è un panzer tedesco lanciato a rotta di collo con i mitragliatori accesi, e ci spara addosso senza pietà “Another Piece of Meat”, aperta da un Klaus letteralmente posseduto. Il riffing è mostruoso, la sessione ritmica ti spacca ogni osso rimasto intero, se per caso ne avessimo ancora qualcuno. Può darsi abbiate ancora un alito di vita in corpo ma sarà una questione di secondi, perché il riff assassino di “Dynamite” arriva preciso a ridurvi in cenere. Gli Scorpions non fanno prigionieri, hanno il sangue agli occhi e godono a vedere un Pit scatenato che, al grido “California You want some more rock n roll”, esplode letteralmente in pezzi.
Lato B
Il lato B del secondo disco si apre con il secondo pezzo che insegnerei a scuola di Metal, ovvero “The Zoo”. Un pezzo dall’incipit malato, sulfureo, qui eseguito più veloce ma ugualmente fumoso. La ritmica, nel suo essere quasi sempre uguale, ti ipnotizza, per poi trascinarti via nel cambio del bridge e del chorus. Quel furbacchione di Matthias Jabs rende tutto ancor più sinistro, con un solo al talk box che sembra proiettarti tra le stelle. Klaus si diletta ad esaltare la platea, mentre il pezzo procede e noi abbiamo perso la cognizione di spazio e tempo.
Il riffone stoppatissimo di “No One Like You” ci prende per i capelli e ci riporta qui, con i mostri tedeschi sul palco a regalarci l’ennesima perla, suonata con un cuore ed un anima che fa venire i brividi. Le atmosfere dolci, quasi sognanti, fanno da contraltare ad un ritornello che pare scritto per essere cantato negli stadi da trecento mila persone.
Il trittico finale è qualcosa che fa male, messo li apposta per farci ricordare a vita questa immensa performance. Si parte con “Can’t Get Enough”, che dopo un minuto e mezzo lascia spazio alle chitarre di esaltarsi in “Six String Sting”, con un pubblico in visibilio che quasi le va a coprire. E quando pensi che sia tutto finito, ecco ripartire “Can’t Get Enough”, che fa da cornice ai saluti finali.
RIFLESSIONI DEL MIC
Che live ragazzi, uno dei miei preferiti in assoluto. Anni dopo entrai in possesso della copia del live in VHS, e finalmente il cerchio si chiuse. Undici tracce killer, intervallate da bellissimi estratti dietro le quinte e di vita vissuta da parte di una band che era al suo apice. Mi emozionai quando vidi che inserirono anche alcune parti tratte dal loro passaggio qui in Italia, uno spezzone che lascia intravedere rockers, Bus, motorini e auto facente parte di un paese che non c’è più.
Gli Scorpions erano questi, è come avessero voluto dire “ricordateci così”. Oggi sono ancora in giro ma quei tempi erano su un altra galassia. Hanno scritto ancora molti album, il loro più grande successo era ancora da arrivare, quella “Wind of Change”che divenne la canzone simbolo di un periodo storico in Europa. Una band che, oggi, pare non sia capace di mettere un punto ad una grande carriera, consci di non dover più dimostrare nulla a nessuno. Proprio per questo World Wide Live assume un valore ancor maggiore, perché suonato quando c’era tutto da perdere, con quella arroganza e potenza tipiche di chi sa di poterlo fare. Grazie!
Mic DJ vi saluta e vi da appuntamento qui in radio, tra articoli e tanta buona musica.
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