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Gli Sbarco sono tre ragazzi che arrivano da Milano. Per comprendere discretamente bene le sfumature musicali ed emozionali che trasmettono sono necessari più ascolti. Si, perchè il primo e magari distratto play può darvi un riscontro Hard Rock. Ma un secondo e più attento vi porterà a fare un gran respiro e a fermarvi un attimo.
La band si è l’unione dei gusti dei tre musicisti. Il genere a cui più si avvicinano è il Grunge, perchè dentro ci ho trovato tutte le influenze diverse che ci hanno lasciato le band di Seattle. C’è la cattiveria disperata degli Alice in Chains, ma anche lo stile contaminato da eclettiche influenze dei Soundgarden. Ma ci si trova anche a prendere in faccia le atmosfere rarefatte dei primi Pearl Jam. Infine, ecco la lucidità che tutto debba finire, probabilmente male, che trasmettevano i Nirvana dei tempi d’oro.
Nel complesso, l’album di debutto degli SBARCO è un disco che, nel mercato discografico attuale, necessita di più ascolti per essere appreso e apprezzato in toto. È un album bello davvero, tanto ma tanto bello. E’ bello perchè è suonato alla grande e trasmette sempre qualcosa. E’ un album che può solo soffrire del fatto che l’ascoltatore medio, ormai saturato da musica usa e getta e uniformato alla spoty società attuale, non sia più abituato a dover ascoltare qualcosa per davvero.
Ma pensateci: questo album forse può essere la chiave per ritrovare l’equilibrio dopo essere stati alla deriva in un mondo di plastica. La chiave per ritrovare la voglia di cercarla la musica, di non fermarsi a quello che la straming society di oggi ci consiglia e propone. La musica non va subita, va abbracciata. E forse è questo che Nebu, Teo e Marco avevano in mente quando hanno sfornato questo disco.