Gli Shiver Down sono una band nuova di zecca, pur essendo composta da personaggi già noti all’underground del metal tricolore. Hanno da poco rilasciato un nuovo album intotolato “The Void Supreme”, sotto l’ala della Ad Noctem Records che ringraziamo per il supporto e per averci proposto la band. Andiamo a scoprirli insieme! Press Play on Tape!
SHIVER DOWN, PIU’ DI CIO’ CHE SEMBRA
Il 30 Aprile 2024 la neonata band da alla luce il suo nuovo lavoro musicale, che merita di essere ascoltato in maniera approfondita. Tutto nasce da un’idea di Tomas Valentini, personaggio di assoluto rilievo. Si mette in luce per essere riuscito ad entrare nella storica formazione degli Skanners, attivi fin dal lontano 1982 in quel di Bolzano. Il suo amore per il basso elettrico nasce dall’età di 15 anni, iniziando da autodidatta per poi perfezionarsi presso la “Music Art Academy” di Trento.
Ad esso si unisce Francesco Gambarini alla sei corde, Al Pia all’altra chitarra, Gabriele Cardilli alle pelli e Federico Dalla Benetta al microfono. Il sound della band viene etichettato come “Melodic Death Metal”, che secondo me va un po stretto dopo aver ascoltato con attenzione l’album in questione: c’è molto di più dentro le note di queste otto canzoni.
SHIVER DOWN – THE VOID SUPREME
Il riffone stoppato di “Divine” apre il platter in questione, inabissandoci subito in melodie tristi ed evocative che ben si alternano ai ritmi a tratti cadenzati, a tratti veloci. La voce pare arrivare da una cripta impolverata, con la sua tonalità greve e marziale. Il ritornello è uno squarcio nella terra, una mano morente che esce a cercare di aggrapparsi al buio della notte. “Nether Reality” è quadrata, rocciosa. La voce rinforza ulteriormente questa sensazione, fino all’apertura più tipicamente death di stampo scandinavo. Ma non c’è nulla di scontato, gli schemi saltano da un momento all’altro. Tastiere, voce sepolcrale, accellerazioni e rallentamenti improvvisi spiazzano l’ascoltatore.
Si capisce fin da subito che qui non siamo davanti al classico disco che esegue il compitino di copiare il grande nome nel suo genere. No, qui tutto è suonato in modo libero, e la cosa bella, nonchè difficile, è che tutte queste sfaccettature stanno dannatamente bene insieme
VIDEO
IL SILENZIO MORENTE
Un intro di pianoforte esce da qualche tomba di questo ipotetico cimitero illuminato da una pallida luna. Le chitarre sono lampi, il loro suono è come un tuono che spacca il silenzio. “Dead Silence” ha un riffing pazzesco, il suo incidere lento e straziante sta a metà strada tra i Sentenced e la rabbia sofferente dei primi Night in Gales. “Father” parte secca, ricordando i Katatonia di “Brave Murder Day”, per poi sterzare e stupire in una contaminazione sonora in stile Tiamat di “Wildhoney” ed infine esplodere in uno screaming che è pura sofferenza. Non fraintendetemi, sono gli accostamenti che a livello emozionale mi vengono fuori a pelle, perchè la band riesce a tenere uno stile davvero personale e unico.
“The Beauty of Slumber” segna il giro di boa, e lo fa con un mood sognante, con una melodia devastante come le lacrime su una lapide. Gli Amorphis old school sembrano avere fatto amicizia coi Paradise Lost più scuri: ragazzi questa canzone è un capolavoro assoluto del suo genere! Il finale cambia ancora, e ci regala un affresco notturno dipinto con la tristezza delle note musicali. “Tourniquet” è più classic Metal nel suo riffing iniziale, per procedere sui binari della doppia cassa senza sosta e di quella voce bassa che sfocia in un refrain atono, che ricorda i fasti dell’Attila Csihar dei vecchi tempi.
I SOGNI DIPINTI DI NERO
La scuola dei vecchi In Flames sale in cattedra nel riff di “In Your Absence”, con queste voci effettate e rabbiose. La canzone si sviluppa cambiando pelle e riprendendosi per mano, tra growling sotterranei e screaming astrali. Un finale tutto in crescendo, che ci riporta in mente qualcosa dei Moonspell, ci accompagna verso “Dreams left behind”, ultima canzone del lavoro in questione. La stranezza della litania di tastiere contrapposta a riffoni ora stoppati, ora aperti, stupisce. La voce ci guida verso l’ultima passeggiata tra le tombe, verso quel bagliore dell’alba che si intravede in lontananza. Ma non c’è tempo per la luce, non è questo il suo posto. Alla fine si entra in quel sepolcro oscuro, per aspettare la prossima notte, il prossimo ascolto.
RIFLESSIONI DI MIC DJ
E’ da un po che avevo questo album a casa, e lo ho anche passato in radio un paio di volte. Ma sentivo istintivamente che questo “The Void Supreme” richiedeva più calma, più pazienza per essere capito. Col passare degli ascolti ti entra dentro, e non ti lascia più. Oguno dentro ha un lato criptico, oscuro, e questo album è li che va a bussare. E’ un viaggio in un cimitero abbandonato sotto un cielo stellato. Non fa paura, perchè non c’è da averne nel saper convivere con i fantasmi che albergano in noi. Semplicemente, a volte il sole non deve sorgere, e va bene così.
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Roberto geo il 17 Luglio 2024
Articolo con dettagli minuziosi per un ascolto di qualità. Finale di pura poesia. Fantastico!